La plastica fa male all’uomo?

Tra le preoccupazioni maggiori dell’incremento della plastica c’è l’impatto sanitario che può avere sull’uomo. Ci sono effetti nocivi della plastica?

Difficile rispondere a questa domanda, ma vediamo quali sono le criticità più importanti.

La plastica da quasi cinquant’anni è ovunque, diffusa in ogni ambiente e attraverso la dispersione nei mari, con le microplastiche (come abbiamo scritto nel precedente post), è di fatto entrata nella catena alimentare degli animali e di conseguenza in quelli degli uomini. La plastica che inquina i mari viene ingerita dai pesci che poi finiscono sulle nostre tavole. Il passo come vediamo è molto breve: quindi pensiamoci quando dobbiamo gettare anche una semplice bottiglia di plastica, facciamolo nel modo corretto.

La ricerca scientifica

Una ricerca del mese di giugno 2018 condotta da Università Politecnica delle Marche, Greenpeace e Istituto di Scienze Marine del CNR di Genova conferma la presenza di particelle di microplastica anche in pesci e invertebrati. Queste particelle sono di dimensioni inferiori ai 5 millimetri e vengono ingerite accidentalmente, attraverso la filtrazione o l’ingestione delle prede. Il rapporto pubblicato ci riguarda da vicino, poiché gli organismi sono stati prelevati nel mar Tirreno; stiamo parlando principalmente di Liguria, Toscana, Lazio e Campania. Il dato dice che il 25-30% dei pesci e invertebrati delle nostre acque italiane (acciughe, triglie, merluzzi, scorfani, gamberi e cozze) contengono micro particelle di plastica, evidenziando livelli di contaminazione paragonabili a quelli già riscontrati negli organismi analizzati nell’Adriatico.

Una informazione molto interessante emersa dalla ricerca è che la maggior parte delle plastiche ritrovate è fatta di polietilene (PE), cioè il polimero con cui si produce la gran parte del packaging e dei prodotti usa e getta. In sostanza disperdiamo senza cura nell’ambiente la plastica che poi ci ritorna sul piatto.

Quale può essere lo sviluppo del problema?

La microplastica può trasformarsi in nanoplastica, ovvero particelle ancora più piccole che, se ingerite (come sta avvenendo per le “sorelle maggiori”) possono trasferirsi nei tessuti e quindi ingerite anche dall’uomo. In questo scenario, ad oggi, i rischi per la salute sono sconosciuti.

Gli effetti nocivi della plastica

Il bisferolo A

Noti sono invece gli effetti del bisferolo A. Solitamente abbreviato in BPA, è una molecola usata per la produzione delle plastiche. Si pensa che sia dannoso fin dagli anni Trenta e, per chi se lo ricorda, nel 2008 alcuni venditori hanno tolto dal mercato i prodotti che lo contenevano dopo che alcuni governi effettuarono studi sulla sicurezza. Nonostante numerose ricerche da parte della Food and Drug Administration (FDA) e della European Food Safety Authority-EFSA c’è qualche incertezza che spinge le autorità ad indagare più  a fondo. Sappiamo che il bisfenolo A altera l’attività dell’apparato endocrino; attiva i recettori degli ormoni e quindi può avere effetti negativi sulla salute in caso di dosaggio elevato. Ha effetti nocivi sul cuore ed è correlato allo sviluppo di numerose altre patologie a carico degli apparati riproduttori, della prostata e della mammella.

Lo U.S. National Institute of Environmental Health Sciences, nel 2008, ha prodotto una bozza di valutazione del rischio per la salute umana conseguente all’esposizione. Agli attuali livelli di esposizione, sono esclusi rischi per la salute riproduttiva dell’adulto e per l’esito della gravidanza. Sul lungo termine ci sono preoccupazioni per il rischio sullo sviluppo endocrino, neurocomportamentale e riproduttivo in seguito ad esposizione in utero e/o durante l’infanzia. Non è un caso che sia stato eliminato da biberon e giocattoli.

Nonostante le evidenze scientifiche, enti come lo U.S. Environmental Protection Agency, e la International Agency for Research on Cancer americano, non hanno ancora classificato il bisfenolo A come possibile cancerogeno per l’uomo.

Le diossine

Effetti nocivi della plastica si hanno con le diossine. Non vengono prodotte intenzionalmente, ma sono conseguenze indesiderate di una serie di processi chimici e di combustione. Se la plastica brucia, libera diossina nell’aria. Senza dubbio la diossina è una sostanza tossica, tra i più potenti veleni conosciuti: la tetraclorodibenzo-p-diossina (Tcdd) è formata da cloro, carbonio, idrogeno e ossigeno. Sono poco volatili e quasi per nulla solubili in acqua e quindi sono facilmente trasportabili anche in zone lontane dai luoghi di emissione.  Sul sito del Ministero della Salute, all’interno della pubblicazione “Diossine, Furani e PCB”, si dice che “Le diossine possono determinare un inquinamento cronico, pressoché ubiquitario e possono dar luogo a eventi che, con una nuova accezione del termine, potremmo definire emergenze ambientali”.

La diossina è stata riconosciuta quale agente cancerogeno per l’uomo (classificata gruppo 1) dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. La sua presenza, anche in minime concentrazioni, è dannosa per l’uomo.

La sostanza può determinare effetti, anche in tempi ritardati rispetto all’esposizione, sul sistema cardiovascolare, sul tratto gastrointestinale, sul fegato, sul sistema nervoso e sul sistema endocrino.

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