Bio carbone e bio plastica
Le emissioni di CO2 in Europa nel 2013 sono calate notevolmente (dati Eurostat) e l’Italia è tra i paesi che hanno contribuito maggiormente a questo risultato positivo per il clima. Il miglioramento dell’efficienza energetica unito al calo dell’utilizzo di combustibili fossili ha permesso di ottenere questo risultato importante.
La ricerca scientifica continua a contribuire alla scoperta di soluzioni energetiche e produttive altamente sostenibili e in grado di diminuire l’utilizzo di combustibili fossili come quelle che stiamo per presentarvi. La prima riguarda un particolare tipo di bio carbone che combatte l’effetto serra ed è in grado di conferire una straordinaria fertilità ai terreni.
La scoperta è il frutto di un progetto dell’Università di Bologna sul Biochar. Parliamo di biomasse frutto delle deiezioni avicole e di una tecnologia innovativa in grado di offrire una soluzione al problema della saturazione di pollina nei terreni della Pianura Padana. La produzione di bio carbone mediante scarti vegetali e animali permette una gestione ottimale del problema dovuta al fatto che il biochar si produce mediante pirolisi e che, sparso sui terreni agricoli come ammendante, ne riduce il fabbisogno di acqua e incrementa la fertilità.
La seconda ricerca che vi presentiamo proviene dagli Stati Uniti e più precisamente dal Wyss Institute di Harvard, i cui ricercatori sostengono di essere riusciti a sintetizzare una nuova bioplastica a base di gusci di gamberetti che:
- si disintegra del tutto in poche settimane
- durante il processo di degradazione rilascia fertilizzanti
- è economica e si presta alla produzione industriale
- è dura, trasparente e può essere usata per grandi oggetti complessi, come giocattoli o telefoni cellulari
Il materiale principale di cui è composta questa plastica è infatti il chitosano, elemento derivante della chitina e presente nelle armature di crostacei e insetti, e secondo materiale organico più abbondante sulla terra, cui i ricercatori hanno aggiunto fibroina dalla seta.
Considerando che la plastica impiega circa mille anni per degradarsi nell’ambiente e produce circa cento milioni di tonnellate di rifiuti, le bioplastiche, sostanze a base di polisaccaridi di origine vegetale e animale, possono rappresentare il futuro di una nuova produzione industriale più attenta alle tematiche ambientali.