COP 23 si avvicina, il nostro pianeta non può più aspettare

Si avvicina COP 23, la conferenza mondiale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Si svolgerà a Bonn, in Germania, dal 6 al 17 novembre, e sarà presieduta dalle Isole Fiji. Una presidenza volutamente simbolica perché questo Stato del Sud Pacifico, a causa dell’innalzamento del livello dell’acqua dei mari per lo scioglimento dei ghiacci polari, rischia di finire sommerso.

Cosa è COP

La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è un trattato ambientale internazionale prodotto dalla Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite. Fu avviato a Rio de Janeiro nel 1992 e il suo obiettivo dichiarato è “raggiungere la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas serra in atmosfera a un livello abbastanza basso per prevenire interferenze antropogeniche dannose per il sistema climatico”.

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Gli Stati Uniti si ritirano dagli accordi di Parigi

COP 23 è un appuntamento molto importante per il nostro pianeta anche perché lo scorso anno, nella conferenza che si è tenuta a Marrakech, in Marocco, non furono presi dei provvedimenti concreti su come i Paesi devono monitorare i loro impegni per il taglio dei gas serra e su come istituire entro il 2020 il Green Climate Fund, gli aiuti agli Stati in via di sviluppo nella lotta al riscaldamento globale.

Il nostro pianeta sta vivendo un periodo delicato, poiché utilizziamo più risorse naturali rispetto alle capacità rigenerative del pianeta e le nuove politiche ambientali degli USA di Donald Trump possono peggiorare la situazione. Il presidente americano, infatti, ha voluto smantellare il Clean power plan di Obama, la legge che – tra le altre cose – poneva restrizioni per le centrali termoelettriche, nell’ottica di ridurre le emissioni e avviare la transizione energetica. L’Amministrazione statunitense, appena insediata, aveva dichiarato il suo scetticismo sul fatto che le emissioni derivanti dall’utilizzo dei combustibili fossili rappresentino il primo motore del cambiamento climatico sul pianeta. E così, il piano ideato dal precedente presidente americano per ridurre le emissioni del 32% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005, è stato cancellato.

La guerra al carbone è terminata, come recitava lo slogan di Trump durante la sua campagna elettorale. Il rilancio dell’industria dei combustibili fossili, di fatto, rende difficile per gli Usa rispettare gli impegni dell’accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici e va contro l’impegno sulla decarbonizzazione dell’economia.

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Cosa prevedeva l’accordo di Parigi – COP 21

  1. Limitare l’aumento della temperatura globaleben al di sotto dei 2 gradi centigradi”.
  2. Consenso di tutti i Paesi del mondo
  3. Monitoraggio dei tagli delle emissioni ogni 5 anni, il primo nel 2023
  4. Trovare fondi per l’energia pulita e diffondere in tutto il mondo le tecnologie verdi per decarbonizzare l’economia
  5. Rimborsi ai Paesi più vulnerabili geograficamente, per compensare le perdite finanziarie causate dai cambiamenti climatici

 

 

Cosa chiede l’Europarlamento prima di COP 23

In questo quadro non roseo, l’Europarlamento cerca di scuotere l’Unione Europea per farla arrivare all’appuntamento di Bonn decisa e ferma sulle sue posizioni, chiedendo di aumentare le proprie ambizioni e senza rinegoziare accordi già presi.

Gli eurodeputati a Bruxelles hanno chiesto ai governi europei di dotarsi il prima possibile di una strategia “emissioni zero entro il 2050” e di trovare un canale per le risorse finanziarie da destinare ai paesi più poveri per l’azione climatica. La Svezia si è già data l’obiettivo del taglio di emissioni entro il 2045, dimostrando che fa sul serio. Ci auguriamo che questo impegno sia “contagioso”, questa sfida ci vede tutti coinvolti e non possiamo permetterci di rimandare oltre.

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