Siamo ad un nuovo capitolo sull’alimentazione sostenibile, la sezione che abbiamo avviato ad inizio anno grazie alla collaborazione con la biologa nutrizionista Francesca Sirianni.
Pochi mesi fa abbiamo parlato di un approccio rivolto all’equilibrio nutrizionale che rispetti anche il nostro pianeta, valorizzando i cibi della nostra tradizione e le biodiversità. In pratica, stiamo parlando della dieta mediterranea e noi italiani partiamo avvantaggiati: la dieta mediterranea infatti, oltre ad essere Patrimonio dell’Unesco, ha dimostrato essere il migliore schema alimentare per la salute dell’uomo e del nostro pianeta.
La FAO ha dimostrato che gli alimenti alla sua base sono anche quelli con un impatto ambientale minimo. Presa a riferimento la famosa piramide alimentare e il suo corrispettivo capovolto, che rappresenta graficamente gli impatti ecologici della produzione delle varie categorie di cibo, si nota il basso impatto di pasta e cereali. A ciò va aggiunto il recente impegno da parte del settore pastaio nel ridurre l’impiego di acqua nelle produzioni, ridurre le emissioni di Co2 dei processi industriali ed aumentare la percentuale di recupero degli imballaggi (fonte Fondazione BCFN).
I consigli virtuosi
Valgono i “soliti consigli virtuosi”: diminuire il consumo di carne e aumentare quello di pesce, possibilmente autoctono; più cereali integrali, legumi, frutta e verdure soprattutto crude. Sarebbe bene evitare prodotti derivanti da sistemi di pesca e allevamento non sostenibili (sia in termini di impronta ecologica che di benessere dell’animale, spesso costretto a lunghi viaggi in camion poco adatti alla sua sopravvivenza) ma anche quelli raffinati o chimicamente alterati (pensiamo ai mix per i panificati).
Abbiamo parlato di impronta ecologica: di che cosa si tratta? È un sistema di misurazione a più variabili dell’impatto ambientale di una produzione, di un processo ed anche dei comportamenti assunti da un essere vivente in relazione al territorio che lo circonda.
Quali sono le variabili prese in considerazione? Essenzialmente sono tre: impronta sui gas serra, impronta ecologica, e impronta idrica. La prima prende in esame le emissioni di gas serra, che in questo caso coinvolgono un prodotto dalla coltivazione alla distribuzione e consumo. La seconda calcola la superficie di territorio necessaria per rigenerare le risorse impiegate in un processo. L’impronta idrica invece misura la quantità di acqua dolce e delle risorse idriche in genere impiegate. Da questi tre elementi, e dai numerosi studi nutrizionisti degli ultimi anni, si è potuto notare come gli allevamenti e il sistema di produzione e confezionamento di carni sia quella dall’impatto ambientale più elevato, mentre al contrario le produzioni ortofrutticole sono quelle più rispettose del territorio. Privilegiare frutta e verdura non porta quindi solo vantaggi alla nostra salute, ma anche alla conservazione del nostro pianeta.
Obiettivi per una alimentazione sostenibile
Gli obiettivi per una alimentazione virtuosa e sostenibile sono chiari: ridurre le emissioni di Co2 e il consumo idrico, migliorando l’efficienza dei processi produttivi, adottare pratiche agricole sostenibili e competitive, aumentare l’educazione alimentare della popolazione e ridurre gli sprechi di cibo sia in casa che fuori. Non ultimo, è importante individuare gli alimenti con i packaging più sostenibili e di filiera corta. Tutto questo è possibile con la dieta mediterranea.
Tutti questi comportamenti influenzerebbero l’intero settore agroalimentare, e niente ci vieta di immaginare e ipotizzare un equilibrio alimentare su larga scala, perché il nostro spreco di oggi potrebbe essere una risorsa per i Paesi più poveri domani.