Sacchetti bio, cosa succede dal primo gennaio?

Sacchetti bio dal primo gennaio 2018. Al bando le buste di plastica ultraleggere che utilizziamo, principalmente al supermercato, per prendere gli alimenti ortofrutticoli: saranno sostituite da quelle biodegradabili e compostabili, nel rispetto dello standard internazionale UNI EN 13432. La nuova legge, infatti, prevede l’utilizzo nei reparti interni dei supermercati di bioshopper o di sacchetti in carta come imballaggi primari in sostituzione dei classici sacchi/shopper in rotolo in plastica ultraleggeri usati nei reparti ortofrutta e pescheria.

È chiaro anche che ogni sacchetto bio utilizzato debba essere pagato dal cliente finale e per questo ciascuna shopper avrà il proprio codice barre. La novità è stata introdotta in sede di conversione del DL Mezzogiorno con l’articolo 9-bis della legge di conversione n. 123 del 3 agosto 2017.

Un passo in avanti per ridurre il nostro impatto ambientale sul pianeta, ma a carico dei consumatori. Perché ci deve costare di più rispetto ad un sacchetto che inquina maggiormente?

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Noi di Risparmio Virtuoso la domanda ce la siamo fatta, anche se il prezzo che si pagherà è di pochi centesimi, si prevede che i sacchetti bio costino dai 2 ai 5 centesimi ognuno: questo vuol dire che sulla spesa finale ci sarà una maggiorazione di circa 20/25 centesimi. Ma perché, se riduco il mio impatto ambientale, pago di più?

Sicuramente la nuova legge è a tutela dell’ambiente, le nuove shopper dovranno contenere almeno il 40% di materia prima ricavata da fonte rinnovabile, percentuale che nel 2020 deve essere portata al 50% e al 60% nel 2021. Non potranno essere cedute a titolo gratuito e sono previste sanzioni piuttosto severe per chi non rispetta la norma: dai 2.500 ai 100.000 euro. Multe anche per le diciture illegali come “sacchetti a uso interno”, una scorciatoia dei cosiddetti furbi per eludere la legge e che provoca danni non solo all’ambiente ma al commercio stesso e agli impianti per lo smaltimento differenziato di rifiuti. Inoltre, le persone che acquistano i prodotti nei reparti ortofrutta e pescheria, dovranno obbligatoriamente utilizzare questi sacchetti bio a pagamento.

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Una iniziativa, da valutare anche in Italia, è la commercializzazione dei sacchetti a rete riutilizzabili e realizzati in materiale a base di cellulosa certificata FSC o in misto cotone.

In realtà è già stata proposta nel nostro Paese nel 2010, ma non ha ancora avuto riscontro concreto, a differenza di altri Paesi Europei come Olanda e Svizzera dove sono disponibili confezioni di sacchetti retati da riempire con vari prodotti ortofrutticoli e poi da riutilizzare, proprio come al mercato.

Tutto ciò ha un costo anche per il consumatore, ma verrebbe ampiamente ammortizzato dal sistema stesso nel tempo, in un perfetto circolo virtuoso.

Che fare quindi? Informarsi, prima di tutto, e valutare bene i vantaggi ambientali ed economici in una prospettiva che va al di là dei piani quinquennali. Il dibattito è aperto, e si auspica un dialogo più trasparente: troppo spesso le due parti, legislatore e consumatori, non parlano lo stesso linguaggio e le de-contestualizzazioni danno vita a fastidiosi quanto improduttivi equivoci e malumori. Noi di Risparmio Virtuoso torneremo sull’argomento per verificare quanto accadrà dal primo gennaio.

Aggiornamento del 4 gennaio 2018

Giuseppe Ruocco, segretario generale del ministero della Salute, chiarisce la posizione del dicastero sul caso dei sacchetti bio per frutta e verdura: “Non siamo contrari al fatto che il cittadino possa portare i sacchetti bio da casa, a patto che siano monouso e idonei per gli alimenti”. Il titolare dell’esercizio commerciale avrà “la facoltà di verificare l’idoneità dei sacchetti monouso introdotti”.

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