Il settore telecomunicazioni sta affrontando cambiamenti significativi e un’importante evoluzione grazie allo sviluppo di fonti di energia rinnovabili non comuni ma altamente efficaci: è il caso delle fuel cell a idrogeno ma anche del grafene fritto.
Apparentemente sì, se è vero che una squadra di ricercatori europei sin dal 2011 è al lavoro per studiare e verificare la fattibilità di un nuovo approccio integrato rispetto alla realizzazione di stazioni radio efficienti basato, appunto, sulle fuel cell all’idrogeno. Insomma, le celle a combustibile non possono essere destinate unicamente al settore dei trasporti, e l’iniziativa in questione (denominata Progetto PFpoweredRBS) ne è la dimostrazione più evidente. Non è un caso che l’obiettivo finale di tale impegno sia quello di riuscire a persuadere le amministrazioni locali e gli addetti ai lavori nel settore telecomunicazioni che le fuel cell costituiscono una valida e conveniente alternativa rispetto alle fonti di elettricità tradizionali. Questo progetto, nello specifico, prevede la sostituzione dell’alimentazione di alcune stazioni radio (quindici, in totale) con un’alimentazione nuova, caratterizzata da moduli fotovoltaici e batterie con celle a combustibile. Del sistema fanno parte anche un sistema di telecontrollo e uno smart meter, tramite i quali gli operatori hanno la possibilità di ottenere più informazioni e dettagli a proposito del comportamento della stazione base dal punto di vista energetico.
La frontiera del grafene fritto interessa anche il settore telecomunicazioni
La tecnologia del graffette fritto evidenzia come la frittura potrebbe essere impiegata anche al di fuori delle cucine in maniera positiva e redditizia. Come? Migliorando in misura significativa le performance delle batterie dei dispositivi mobili, come per esempio gli smartphone. Il processo in questione è denominato deep-fried graphene: la differenza rispetto alla frittura da cucina classica è che il procedimento non si basa sull’impiego di olio bollente, ma sull’utilizzo di un mix di solventi organici e di acidi. Il grafene fritto, semplicemente, espande le proprie molecole: in pratica, si verifica un ingrandimento in 3D che comporta un mutamento della forma. Ne consegue una specie di pop-corn all’avanguardia e ad alto tasso tecnologico. Il grafene, in virtù della sua nuova forma, assume la capacità di accumulare e immagazzinare energia elettrica, e di conseguenza assicura una capacità decisamente più elevata rispetto al normale, poiché la sua superficie è più ampia. La frittura potrebbe rivelarsi molto conveniente perché è un metodo poco costoso, e che quindi può essere sfruttato anche nell’ambito di una produzione di massa. Non è ancora il momento delle batterie fritte sul mercato, ma potremmo non essere così lontani.